domenica 14 dicembre 2014

La vocazione

Di tutti i paesi lacustri, Bolsena è quello forse più conosciuto, mèta turistica di tutto rispetto frequentata da turisti italiani e stranieri che la popolano soprattutto in estate soggiornando nelle tante strutture ricettive disponibili. Alberghi, agriturismi, B&B, campeggi rigorosamente posti in riva al lago, case vacanze: c’è tutto e anche di più, considerato che i posti letto per vacanzieri superano addirittura la popolazione locale residente, di poco oltre le 4.000 unità.

Da dove nasce questo piccolo primato locale, la cosiddetta “vocazione turistica” di Bolsena, la capacità di essere una mèta turistica?
Certamente la posizione geografica del paese sulla Via Cassia, a metà strada tra Roma e Siena, e la presenza del lago hanno da sempre favorito l’arrivo dei “forestieri” e hanno costretto gli abitanti, malgrado gli eventi storici, a confrontarsi con lo straniero.

Tralasciando le ville in posizione panoramica di facoltosi personaggi di Età Imperiale che soggiornavano nel luogo ameno; facendo riposare i pellegrini che camminavano sulla Via Francigena negli “ospitali”; mettendo in cantiere il battello a vapore che solcava le acque del lago in romantiche gite nell’800; si arriva senza accorgersene agli anni 1930, quando arrivarono i primi gruppi organizzati. Erano gruppi del dopolavoro che venivano a passare dei soggiorni a Bolsena, passeggiata e i bagni al lago, pernottamenti nei due alberghi del posto, il Manlio al centro storico e Da Amedeo vicino alla spiaggia ed al porto: le due scelte turisticamente valide per soddisfare la domanda e l’offerta turistica di quel tempo che non sembrava minimamente far pensare ad un imminente conflitto mondiale.

Qualche anno dopo la guerra e per ironia della sorte, i primi veri turisti furono i tedeschi, quelli  che evidentemente erano già stati a Bolsena, soldati che ritornarono senza divisa, armi o emblemi. Non volevano pensare al nemico che avevano pesantemente combattuto tra il 1943-1944, ma guardavano  piuttosto alla generosità della gente, che anni prima aveva fornito loro un pezzo di pane e un bicchiere di vino, forse più di un bicchiere.
Negli anni del boom economico italiano, scoprirono Bolsena altri tedeschi: alcuni in auto e altri in moto, vivevano “on the road”  accampandosi con le loro tende vicino alla spiaggia e suggerendo che si potevano creare ritrovi per chi come loro preferiva fare vita all’aria aperta.
Puntualmente Bolsena aprì i suoi primi campeggi e infoltì il numero di alberghi e pensioni, bar e ristoranti.
Passaparola e cartoline erano i mezzi pubblicitari di allora e, grazie a questi, l’estate bolsenese vide la comparsa di turisti provenienti non più solo dalla Germania, ma anche dall’Olanda e dalla Francia, e poi dal Belgio e dal Lussemburgo, gli altri stati dove  gli stessi bolsenesi erano andati a cercare lavoro.

E pensare che c’era poco e niente allora da vedere. Non c’era il Museo, le Catacombe non erano aperte, gli scavi archeologici dell’area romana erano appena all’inizio; le strutture ricettive erano ancora poche. Eppure i turisti c’erano. Che cosa attraeva così tanta gente negli anni 1960-1970?
Sicuramente l’aria, il lago, l’ospitalità e cordialità degli abitanti, il cibo, il prezzo del soggiorno estremamente abbordabile per chiunque, le feste paesane, il “dancing” in abito da sera e in riva al  lago.

In quegli anni gli appassionati di motori potevano ascoltare il rumore consolante dei motoscafi che per giorni e giorni partecipavano alle Gare Motonautiche, chiedere autografi ai  campioni italiani e mondiali di quello sport; la Sagra del Pesce e la Festa del turista erano altri momenti di aggregazione e convivialità tra gli ospiti stranieri e gli abitanti.
Negli anni seguenti, le gare motonautiche furono giustamente tolte dal cartellone dell’estate bolsenese, non attiravano più e poi era necessario pensare all’ambiente, alla salute del lago. Arrivarono le vele e la velocità silenziosa degli HobieCat, ma ci fu il naufragio anche di questo sport dopo qualche anno.
La Sagra del Pesce fu sospesa per non essere mai ripresa, esempio più unico che raro nell’Italia delle tradizioni popolari che guardano al prodotto tipico come un vanto.

Cash, cash, cash: vennero gli anni del profitto veloce, dell’incasso immediato e semplice da raggiungere omologandosi alle  mète vacanziere italiane più gettonate e di facile consumo.
Stagioni ricche e proficue, non c’è dubbio. Concerti, cinema, discoteca, divertimento, fine.
Soggiorni di durata sempre più breve, prezzi che sembravano più alti perché i servizi minimi prestati offrivano poca professionalità e accuratezza, chi parlava una lingua straniera era da contarsi sulle dita di una mano.
La domanda quasi trovò l’offerta esausta ed esaurita dallo stordimento degli anni 1980-1990, che si portò via i Francesi e i Belgi; imperterriti resistevano i tedeschi e gli olandesi, sempre gli stessi, tutti gli anni;  in loro compagnia erano gli italiani, prevalentemente “de Roma”.

Nel 2000, ecco l’Europa con la concorrenza agguerrita di località altamente competitive nel rapporto tra domanda-offerta/qualità-prezzo. Se la competizione e la contesa dei turisti riguardava l’Italia tutta, figuriamoci le località di provincia, i piccoli borghi come Bolsena.
Necessario era ancora una volta l’adeguamento, ma che fare: diventare una mèta d’elite o una méta da turismo di massa, senza avere le caratteristiche né dell’una né dell’altra?
Necessario era puntare su due aspetti fondamentali: il lago e  la rinomata ospitalità. E’ così che sono  rifioriti gli alberghi ed i campeggi, e fioriti i B&B e gli agriturismi.
La quantità di turisti presenti a Bolsena è rimasta nel tempo abbastanza costante grazie all’ospitalità, alla professionalità nel frattempo acquisita, alla maggiore attenzione all’ambiente naturale e lacustre, alle manifestazioni come ad esempio la Festa delle Ortensie  che si sono affiancate alle festività del Corpus Domini ed a quelle patronali, al quasi rinnovato cartellone dell’estate bolsenese che negli ultimi anni ha puntato anche sulla cultura.

Cultura: una parola complessa che racchiude tutto, anche l'umiltà. Dosata al punto giusto e con scelte giuste, potrebbe fare la differenza, partendo dal basso e  recuperando arti e mestieri, sagre sparite e fiere scomparse, riscoprendo storia, archeologia, arte, tradizioni, sempre rivolgendo lo sguardo al territorio.

La crisi globale, si è portata via il “target” medio che faceva numero; alcune manifestazioni languono e  vedono sempre meno la partecipazione di espositori o aziende, i fruitori non spendono.
La vocazione turistica, quella particolare abilità di cogliere il momento giusto e sterzare creando una nuova offerta per una nuova domanda, ha fatto un altro giro di boa: per un turismo piccolo, ci vogliono cose piccole. 
E' arrivato il mercatino di massa, proposto quasi ossessivamente in qualsiasi occasione: si spaccia per artigianato mercanzia di bassa qualità ad un prezzo altrettanto basso, oggetti che di artigianale non hanno nulla. Bisognerebbe capire che un turista che non compra non è necessariamente un turista senza soldi: forse li ha più di altri, ma non è interessato a ciò che gli viene offerto.
Le piccole soluzioni di questo tipo non hanno molto a che fare con la rinomata  “vocazione turistica” di Bolsena e, col tempo, possono diventare rischiose per le sorti turistiche del paese.

Il marketing insegna che nel momento in cui il turista chiede qualità ed incontra insufficienza, quel turista è perso per sempre.
Nel territorio, Bolsena ha prodotti eno-gastronomici di buona qualità; purtroppo sul territorio non ha una “cultura artigiana” per propria storia, non ha un tipico prodotto artigianale locale, quindi deve adattarsi ad accogliere l’artigianato altrui a patto che sia di qualità.
Si dovrebbe quindi puntare molto di più sulla qualità dei prodotti dell’artigianato e sulla produzione eno-gastronomica locale, dato che già si sta puntando molto ad uno standard qualitativo migliore nel commercio e sicuramente di qualità medio-alto nelle strutture ricettive.
Per non essere sconnessi, l'ennesimo passo da fare, seguendo la capacità camaleontica di adeguamento e trasformazione (elementi basilari della vocazione turistica), potrebbe essere proprio il recupero della "Cultura del Territorio" per trovare una formula diversificata, specifica, tipica, e soprattutto competitiva sul mercato turistico degli anni 2000.  


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martedì 2 dicembre 2014

I Borghi del lago

Fin dalle epoche più remote gli abitanti del lago non hanno fatto altro che costruire i loro villaggi negli ambienti naturali più consoni, sempre vicino all’acqua, in un susseguirsi di microscopiche migrazioni dalla sponda del lago alle colline, dalle colline alla sponda, coltivando la terra, pescando nell’abbondanza, cacciando prede nei boschi.

Le vicende storiche di ogni località hanno anche fissato, nel tempo e sul territorio, le tracce di questi spostamenti di poche centinaia di metri o solo di qualche chilometro determinando la posizione
degli attuali paesi ed il loro sviluppo urbanistico. 
Sono 8 le località che si affacciano sul Lago di Bolsena: un numero perfetto che si scompone in 3 borghi di sponda e 5 di collina, situati a poca distanza uno dall’altro e tutti posti a seguire il perimetro quasi circolare del Lago.

 I Borghi di sponda


Bolsena, situata a 305 m. s.l.m., si trova sulla sponda di  nord-est del lago al quale ha dato il nome. Si adagia placidamente nella caldera vulcanica scendendo dal Castello al Borgo, i due quartieri storici, ed arrivando in riva al lago con una passeggiata tra alberi di platani secolari.
Da vedere sono la Basilica di Santa Cristina e le adiacenti Catacombe del IV secolo; il  Museo Territoriale del Lago di Bolsena situato alla Rocca Monaldeschi della Cervara; l’ Area Archeologica  etrusco-romana di Volsinii;  l’esposizione di reperti a Palazzo Monaldeschi. Da non perdere la Festa del Corpus Domini con le Infiorate, in giugno; la Festa di Santa Cristina con i Misteri il 23 e 24 luglio.


Capodimonte, sulla sponda sud, sembra una piccola penisola che si tuffa nelle acque del lago. Sorge vicino ad un promontorio, Monte Bisenzio, che fu sede di uno dei più importanti villaggi lacustri del IX-VIII secolo a.C. ed ha di fronte a sé l’Isola Bisentina.
Da vedere è il Palazzo Farnese, visitabile su richiesta;la Chiesa di Santa Maria Assunta ed il picco Museo della Navigazione nelle acque interne dove è esposta una piroga dell’Età del Bronzo rinvenuta nei pressi dell’Isola Bisentina.
Da non perdere la Sagra del Coregone, pregiatissimo pesce del lago.


Marta, sulla sponda sud-orientale del lago, è un piccolo borgo peschereccio con le case che si affacciano direttamente sulla riva del lago.Il suo nome è ripreso dall’emissario del lago, il Fiume Marta, e si ritrova nell’Isola Martana che le sta di fronte.
Da vedere sono la Torre di Urbano IV, a richiesta,  e il Santuario della Madonna del Monte
Da non perdere la Barabbata o Festa della Madonna del Monte, che si svolge il 14 maggio; la Sagra del latterino, pesce di lago da apprezzare fritto e accompagnato dalla Cannaiola,  vino di produzione locale.

I Borghi di collina


Montefiascone, situato a quota 600 metri s.l.m. nel settore orientale del lago, è il centro abitato più  grande e popoloso. Il suo stemma composto da un barilotto  sovrastante un monte ricorda le vicende legate alla produzione del vino Est Est Est, per cui è famosissimo nel mondo.
Da vedere sono la Rocca dei Papi, residenza-fortezza dei papi dal Medioevo al Rinascimento, e il Museo ; la Cattedrale di Santa Margherita, con una delle cupole più grandi d’Italia; la Basilica romanico-gotica di San Flaviano.  
Da non perdere la Festa del Vino che si svolge ad agosto, con corteo storico e tanto Est Est Est.


Gradoli, posto nel settore nord del lago, è un centro agricolo di produzione di olio e Aleatico, vino liquoroso DOC. Da vedere sono il Palazzo Farnese, al cui interno è ospitato il Museo del Costume Farnesiano e la Chiesa di S. Maria Maddalena. Da non perdere il Pranzo del Purgatorio, manifestazione che con un lauto pranzo segna la fine del Carnevale e l’inizio della Quaresima



Grotte di Castro, arroccato su una rupe tufacea, fu un importante centro etrusco di confine tra i territori di Vulci e Volsinii. Oggi è un fiorente centro di produzione agricola.
Da vedere sono la Basilica Santuario di S. Maria del Suffragio; il Museo Civico con le sezioni etrusca e medioevale allestite nel Palazzo del Vignola; la Necropoli Etrusca di Pianezze
Da non perdere, in agosto, la Sagra della Patata che fa gustare un prodotto di alta qualità esportato in tutto il mondo.


Valentano, sorge nel settore occidentale del lago su una collina a  circa 600 metri s.l.m., in un territorio abitato fin dalla preistoria.
Da vedere sono il Museo della Preistoria e della Rocca Farnese; la Chiesa di San Giovanni Evangelista.
Da non perdere la Tiratura del Solco Dritto, caratteristica festa popolare che si svolge il 14 agosto e che affonda le sue radici in  antichissimi riti di ringraziamento alla terra    



San Lorenzo Nuovo, sul versante nord del lago, è un borgo interamente ricostruito nella seconda metà del 1700 a causa di frequenti episodi di malaria che resero invivibile il villaggio di San Lorenzo alle Grotte. L’impianto urbanistico del nuovo paese, incentrato su una piazza a schema esagonale,  fu portato a termine dall’architetto Navone che si ispirò al modello della Piazza Amalienborg di Copenhagen.
Da vedere è la Chiesa di San Lorenzo  e da non perdere è la Sagra degli Gnocchi, ennesimo omaggio alla produzione agricola locale.


Il lago e i suoi borghi sono facilmente raggiungibili, data l’invidiabile posizione geografica, a metà strada tra Roma e Siena, a meno di 50 chilometri dalla costa tirrenica, vicino alla Toscana e vicinissimo all’Umbria.

In auto, in camper, in bici, non importa quale mezzo si usa; una volta arrivati a destinazione, ciò che importa è abbandonare i mezzi a motore e utilizzare la propulsione delle proprie gambe, girovagando per vicoli e stradine per non perdere nemmeno un angolo pittoresco, un colore, una sfumatura, uno scenario dominato sempre dallo sfondo del lago.

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domenica 23 novembre 2014

Sul lago dorato


Con i suoi 114 km2 di superficie il Lago di Bolsena è il più grande lago vulcanico d’Europa ed il quinto, per grandezza, tra i laghi italiani; un perimetro costiero di circa 43 km; una profondità massima di 151 metri; due isole; alimentato da numerose sorgenti d’acqua; un unico emissario, il Fiume Marta; un tempo di ricambio totale delle acque pari a circa 300 anni, lentissimo.
Si dice sempre così quando si tenta di spiegare che cosa è il Lago di Bolsena, ma non basta.

 
Il lago di Bolsena è come una creatura vivente: un complesso e delicato ecosistema composto da varie forme di vita che dal lago dipendono. In questo sistema si inseriscono anche gli esseri umani con le loro attività produttive e di sostentamento: l’ agricoltura, la pesca e oggi, prevalentemente, il turismo che è diventato la prima fonte di reddito per molti dei paesi che sorgono sulle rive del lago.
Il fragile equilibrio che deriva da un tale sistema di integrazione tra ambiente naturale ed attività umane può essere gravemente danneggiato da un intenso e insensato sfruttamento del territorio e delle sue risorse.

Il Lago di Bolsena è un Sito di Interesse Comunitario (SIC)  giudicato “ad elevato valore naturalistico per la presenza di ittiofauna diversificata ed abbondante e di una ricca avifauna svernante” che comprende la garzetta, il nibbio bruno, il cormorano, i germani reali.
Le due isole, Martana e Bisentina,  sono Zone di Protezione Speciale (ZPS) considerate  “ad elevato valore naturalistico” per la presenza di foreste di lecci e roverelle  dove nidificano nibbio bruno e, caso unico per l’Italia interna, il gabbiano reale.
I  Monti Volsini, così si chiamano le colline che circondano il lago, sono sia Sito di Interesse Comunitario (SIC) che Zona di Protezione Speciale (ZPS) per la presenza di percorsi substeppici di graminacee e piante annue.

In questo ambiente naturalistico e paesaggistico, il migliore investimento economico ed etico per lo sviluppo dell’offerta turistica è preservare e valorizzare le ricchezze naturali e renderle fruibili da coloro che visitano questo territorio.

Nel corso degli anni vari sono stati gli appellativi dati all’ambiente lacustre.
Qualcuno ricorderà “il lago contadino” per le coltivazioni che arrivavano a lambire le spiagge, nessuna industria presente, uomo  e natura vivevano a passo lento seguendo il ritmo delle stagioni. Qualcun altro ricorderà “ il lago da bere” per la limpidezza e purezza delle sue acque, nessun problema di inquinamento chimico, nessuno scarico fognario grazie alla costruzione dell’impianto di depurazione.  

Sul lago dorato non è tutto oro ciò che “luccica” (brilla).

Oggi questo ambiente sta mostrando segni di cedimento e fragilità, non tanto per le attività antropiche che con il passare degli anni si sono sviluppate a volte sostituendo un campo coltivato con una struttura turistica, ma soprattutto per l’inadeguatezza di un pensiero che, quello sì, non ha subito modifiche.
E’ il pensiero di aver fatto tutto e di avere messo il lago ed il suo habitat al sicuro anni fa, come se il tempo non passasse, gli impianti di depurazione non diventassero obsoleti e quindi inadeguati per sopportare il peso crescente delle attività umane. 

Immobili, al sole a guardare uno dei più bei paesaggi d’Italia e non solo.



Il paesaggio, l’ambiente naturale, il lago, i borghi sono il patrimonio culturale incommensurabile di ogni persona che vive e lavora in una dimensione ancora a misura d’uomo.
E’ questo patrimonio collettivo la ricchezza da “sfruttare” senza modifiche strutturali per gli abitanti e per i turisti; non serve diventare simili ad altri  e paragonare questi luoghi a rinomate e frequentatissime località di mare, copiando il loro stile e le loro abitudini. Non c’è bisogno.

Ogni località ha le sue proprie specificità, non ha senso snaturare l’incanto e il fascino che questo lago esercita sul visitatore, fosse anche il “turista per caso” che si ferma solo per un giorno, che sale in barca e si trova in mezzo a tanta acqua blu e vicino a due isole, che visita musei, chiese e siti archeologici e che, passeggiando per i vicoli trova il sorriso di un abitante del posto che puntualmente gli chiede da dove viene e finisce per parlargli dell’amico che vive nel paese di provenienza di quel turista, che per caso si è seduto al tavolo di un bar a sorseggiare lentamente la sua bevanda dopo aver fatto un bagno nell’acqua tiepida del lago.  

Per ritrovare il “lago contadino e quello da bere” esiste una sola strategia vincente: a misura d’uomo, a passo lento, nel rispetto dell’ambiente, nella consapevolezza della propria unicità.

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mercoledì 19 novembre 2014

I quattro elementi

Per immaginare come doveva essere il complesso vulcanico dei Monti Volsinii bisogna mettere insieme il fragore assordante che proviene dall’interno della terra, il calore estremo che sale in superficie, coni vulcanici che sbuffano vapore ed altri da cui fuoriesce un fiume di roccia fusa, gli odori pungenti e irrespirabili, la violenza forsennata delle colate piroclastiche. 

Non un unico vulcano come si potrebbe pensare, ma una serie di coni vulcanici, di cui il centrale era il più grande, che svelano le loro prime volontà con limitate emissioni di lava. Circa 600.000 anni fa l’attività vulcanica vera e propria si manifesta con tutta la sua potenza e violenza: eruzioni di cenere e lapilli, eruzioni di lava, bombe vulcaniche, colate di fango e colate piroclastiche, le più distruttive.

Telluricamente instabile perché situato in una zona di faglie tettoniche attive, il sistema vulcanico subisce una forza forse ancora più imponente che porta, circa 400.000 anni fa ad un mutamento di direzione: si forma una depressione vulcanico-tettonica, le pareti del cono centrale crollano aprendo uno sprofondamento di circa 270 Km2, la caldera centrale.

Nonostante ci sia un declino dell’attività vulcanica, ci sono altri coni ancora attivi e lì niente è cambiato: l’azione vulcanica si somma a quella tettonica e altri sprofondamenti si verificano ai margini con la formazione della caldera di Montefiascone e della piccola caldera di Latera.

E’ più o meno a questo punto che l’acqua inizia il suo ingresso in questo sistema di forze in continua trasformazione: molto calore arriva ancora in superficie, anche l’acqua è calda.
Ma  piove.
E l’acqua piovana alimenta le sorgenti, i rivoli scorrono dalle pareti del vulcano in quiete verso il fondo della caldera. Lentamente, molto lentamente la caldera si riempie d’acqua e un lago si forma nonostante due piccoli coni siano ancora attivi.

La natura del vulcano si fa sentire ancora con forza quando, con esplosioni e crolli, crea un altro cambiamento: dai resti dei due coni si formano due lingue di terra che, con il trascorrere lento del tempo, diventano isole.

Da tutto questo nasce il paesaggio attuale dei Monti Volsinii e del Lago di Bolsena: modellato in dolci colline dall’erosione dell’acqua e del vento, fertilizzato dagli elementi lasciati dal turbolento ribollire della terra.
E' in questo paesaggio che la presenza umana ha lasciato le sue numerose impronte fin dalla preistoria.

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domenica 16 novembre 2014

Viaggiatori d'altri tempi

"It was a glorious day when I approached Bolsena. The sky was without a cloud — the lake, its islets, and every object on its shores, were in a summer blaze of light and warmth — the olive-groves were full of half-clad labourers, gathering the unctuous harvest — myriads of water-fowl darkened the sail-less waters — my eye roved round the wide amphitheatre which forms the ancient crater, and on every hand beheld the hills from base to summit dark with variegated foliage. How then discredit the evidence of my eyes — of every sense, and admit it to be the depth of winter, ere vegetation had put forth a single bud or blossom? Yet so it was — but it was the winter of Southern climes."   (George Dennis - “Cities and Cemeteries of Etruria” -1848)
Sarà forse una delle scelte più banali e più usate, ma la descrizione di George Dennis  è quella che dipinge chiaramente lo scenario che tuttora si presenta agli occhi di un visitatore quando si avvicina a Bolsena.
E l’autore non poteva scegliere un aggettivo migliore di “glorious” per definire una tiepida giornata invernale: un paesaggio rigoglioso di verde e blu, campi coltivati, luce intensa, clima favorevole, profumo di aria pulita.

Da qualsiasi parte si arrivi, la sensazione di entrare in un una terra particolare è  ancora  intatta. Con qualsiasi mezzo si arrivi scendendo il versante collinare che porta a Bolsena, dentro il “wide amphitheatre” che è la caldera del più grande lago vulcanico d’Europa, ciò che si prova è un senso di leggerezza, come se lo stress, la vita frenetica, i rumori, non esistessero più.
Lasciato tutto alle spalle, lo sguardo si posa su una grande distesa d’acqua dolce che permette di scorgere  anche l’orizzonte che va oltre, malgrado un lago di per sé abbia un limite, una circonferenza che ne chiude lo spazio.
Questo spazio chiuso non è soffocante: si apre nel cerchio d' acqua che riflette i colori del cielo; l’acqua si increspa e si muove in onde di varia ampiezza e direzione, a volte sembra essere ferma ma sotto la superficie scorrono  correnti calde e fredde, relitti del turbolento passato vulcanico.
Mutando ritmo secondo l’umore, anche il lago sembra respirare.

Il viaggio in questa terra è semplice e per un “glorious day” basta scoprire il punto in cui cielo, acqua, fuoco e terra si sono incontrati migliaia di anni fa.
Queste sono le radici.

George Dennis  era un diplomatico ed esploratore inglese. Nel 1842-1843 viaggiò in Etruria insieme all’amico disegnatore Samuel Ainsley, con cui fece un viaggio “on the road” vivendo all’aria aperta o riparandosi in alloggi di fortuna, camminando in un territorio rurale e abbastanza selvaggio, a volte infestato dalla malaria ed altre dai banditi.
Da questo viaggio nacque il libro “Cities and Cemeteries of Etruria” in cui  furono annotati i monumenti all’epoca visibili, la loro storia e i riferimenti alle fonti antiche, e i disegni realizzati dai due amici, compagni d’ avventura di metà ottocento.   

      S. Ainsley- Veduta di Bolsena - 1842

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sabato 15 novembre 2014