venerdì 8 gennaio 2016

La Rocca in Castello

Occupa la parte più alta del centro storico, quartiere Castello, in posizione dominante su Bolsena: ammira il lago, osserva le colline, spazia sull’orizzonte. Austera quanto basta, semplice costruzione con quattro torri angolari, pianta trapezoidale, un residuo di ponte levatoio.
Eppure la Rocca Monaldeschi della Cervara dimostra di essere un edificio dal carattere imponente specie se vista dal basso.


Antefatto
Nel 1157, il papa Adriano IV ordinò la fortificazione dei borghi che si trovavano sul tracciato della Via Cassia in previsione dell’arrivo delle truppe di Federico Barbarossa.
Il piccolo centro di Bolsena fu dotato di mura per consentire la difesa  e la protezione degli abitanti. In quel periodo, vista la piccolezza del borgo medioevale di Bolsena e nonostante la posizione strategica sulla direttrice di Roma,  non c’era bisogno d’altro.
L’arrivo delle truppe imperiali al seguito di Enrico VI  nel 1186 non  fu indolore e il villaggio si ritrovò con un sistema difensivo semidistrutto, di nuovo in balìa di qualsiasi potenziale nemico.

Sulla scacchiera, torri e pedine
Nella vicina Orvieto, nel frattempo, si stavano sfidando due potenti famiglie per il predominio dei feudi: i Filippeschi, di parte ghibellina, e i Monaldeschi, di parte guelfa.
Lo scontro fu tale che perfino Dante li prese come esempio di discordia e di disordine violento che non guardava in faccia nessuno    
 “Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom senza cura:
color già tristi, e costor con sospetti”
(Dante Alighieri - Divina Commedia: Purgatorio, Canto VI)

Questo era il clima, prima che una delle due famiglie prendesse il sopravvento sull’altra e iniziasse a scalpitare per prendere possesso di altri territori vicini, conquistando feudi e acquisendo sempre più potere.
I Monaldeschi guardarono verso il lago di Bolsena e in poco tempo conquistarono la Val di Lago, annettendo contrade e borghi al proprio feudo. E' con loro e con la costruzione del “torrione”, la torre maggiore, che è iniziata la complessa vita di questo edificio.

Prospetto della Rocca Monaldeschi della Cervara -A.Sacco 1892
La grande torre si appropriò del residuo delle mura difensive erette nel 1157, della strada a basoli (fortunatamente recuperati) e di una porta ad arco, senza privarsene del tutto dato che strada e porta furono comunque ripristinati ricreando all’esterno un nuovo percorso.
Bolsena divenne una sorta di quartier generale della famiglia orvietana che si arroccò  saldamente al Torrione: in pochi anni furono costruite le altre torri, gli ambienti interni e, come ulteriore baluardo difensivo, il cortiletto che si protendeva con gli archi e il ponte levatoio verso il paese.

Poggiando solidamente  su un masso di tufo e posta in posizione dominante, la Rocca di Bolsena aveva preso la forma di  una costruzione da presidio militare debitamente atta al controllo del feudo dei Monaldeschi d’Orvieto.

La popolazione locale ebbe sempre una profonda avversione per la presenza dei potenti sul proprio territorio. A dimostrazione di  questo, nel 1328 si svolse una prima ribellione contro i Monaldeschi che portò alla presa della Rocca da parte dei Bolsenesi che, nemmeno a farlo apposta, dovettero ben presto cercare nella famiglia orvietana un potente alleato contro le truppe di Ludovico il Bavaro. Il nemico comune fu allontanato dalle forze alleate dei bolsenesi e degli orvietani, che avevano trovato in Ermanno Monaldeschi il condottiero vero, l’uomo forte, pratico e diplomatico, che non esitò a limitare le libertà degli statuti a favore di un maggiore controllo dei territori assoggettati.
Alla sua morte avvenuta nel 1337, la famiglia dei Monaldeschi  si divise in quattro rami, tanti quanti erano i suoi figli: apparvero i Monaldeschi del Cane, della Vipera, dell’Aquila e del Cervo o della Cervara.
Furono questi ultimi a reggere le sorti di Bolsena fino al 1451 e ad  avere nelle loro mani l’austera fortezza sul lago, divenuta ormai  Rocca Monaldeschi della Cervara.

Gli alfieri della rinascita
Alla metà del 1400, quasi coincidendo con la morte di Corrado Monaldeschi della Cervara, nei territori dello Stato Pontificio furono i cardinali a gestire, per conto del papa,  le municipalità e furono i cardinali-governatori, spesso apparentati con il pontefice, a reggere il governo di una città o di un borgo.
Bolsena non sfuggì al nuovo sistema di governo e la Rocca Monaldeschi della Cervara fu inizialmente affidata al Rettore del Patrimonio messer Vianese degli Albergati, fu considerata già in stato di abbandono da papa Pio II che visitò le contrade lacustri nel 1461-62, passò nelle mani del cardinal Sanesio a patto che ne curasse il mantenimento e il restauro, quindi  in quelle del cardinale Tiberio Crispo.
Nonostante gli sforzi, l’edificio con caratteristiche da fortezza militare si dimostrava poco pertinente al cambiamento di gestione che prevedeva palazzi signorili al posto dei castelli medioevali.
Abbandonata al suo destino di edificio in disuso, divenne negli anni e nei secoli seguenti ciò che era più opportuno al momento e all’occorrenza: una prigione, un magazzino, un rudere.

Nel 1855, proprio perché diventata un  rudere da restaurare, la Rocca Monaldeschi della Cervara fu oggetto di uno stravagante progetto che prevedeva la sua trasformazione in chiesa. Il progetto, votato ed approvato dalla comunità locale, fu affidato all’architetto Virginio Vespignani ed ebbe il sigillo di papa Pio IX.
Gli eventi storici del nascente Regno d'Itali ne impedirono la trasformazione in chiesa dall’aspetto di un castello, provocando le ire funeste dell’Abate G. Cozza-Luzi che per avere soddisfazione fece approntare un progetto per erigere un nuovo edificio nelle vicinanze del castello  medioevale:  una chiesa di aspetto “tale e quale” alla Rocca.
La chiesa, tuttora esistente, dedicata al Ss.Salvatore, non divenne mai la copia sognata dall’Abate anche se,   guardandola con attenzione, qualche spunto stilistico si intravede ancora.

Rocca Monaldeschi della Cervara - foto archivio British School of Rome 
La Rocca Monaldeschi della Cervara rimase, invece, tale e quale ad una vecchia fortezza medievale in rovina, un maniero con muri esterni ed interni a rischio crollo, torri semidistrutte popolate da rigogliosi ciuffi d’erba sulla loro sommità.

Ancora una volta furono intrapresi i passi necessari per un intervento strutturale riguardante un nuovo progetto che prevedeva la realizzazione alla Rocca del Museo Civico per accogliere i reperti archeologici già conservati nella sede comunale.


A partire dal 1912 alcuni lavori di restauro furono finanziati, altri sottoposti al giudizio delle autorità preposte, per altri interventi di restauro furono richiesti fondi che non arrivavano mai, furono scritte lettere e fatte proteste anche a mezzo stampa. Il progetto sembrava destinato a non vedere la luce fino a quando nel 1961 il Genio Civile di Viterbo impose il suo parere: o si restaurava l’edificio o questo  avrebbe ceduto sotto il peso degli anni di incuria.

Rifiorì così l’idea del Museo, idea che rimase tale fino a quando un comitato di cittadini  intrapendenti, coadiuvati dal Comune, non prese in mano la situazione ed iniziò il lungo processo di restauro e consolidamento della Rocca Monaldeschi della Cervara che, solo dal 1991, ha portato finalmente alla nascita del Museo Territoriale del Lago di Bolsena.
Nonostante non sia stato possibile conservarne la struttura interna originale, la Rocca ha mantenuto ancora visibili la strada a basoli e una parte del muro che la costeggiava, e soprattutto ha potuto  resistere nella struttura portante, austera e semplice, a pianta trapezoidale, con quattro torri angolari da cui si gode una vista mozzafiato su Bolsena, sul lago e sulle colline intorno.




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