“Un ecosistema è un insieme sistemico definito (spesso chiamato “unità ecologica) costituito da organismi viventi, animali e vegetali, che interagiscono tra loro e con l’ambiente che li circonda. Come tale esso è una porzione dell’ecosfera e quindi della biosfera. Ogni ecosistema è costituito da una o più comunità di organismi viventi che interagiscono tra di loro; una comunità è a sua volta l’insieme di più popolazioni costituite ognuna da organismi della stessa specie”
Il Lago
Il bacino idrografico del lago di Bolsena si estende su un’area di 273 km2 ad una quota media di 490 m. s.l.m; la superficie lacustre è di 114 km2 circa e si trova ad una quota media di 305 m. circa s.l.m.: la profondità massima misurata è di 151 metri e quella media di 81 m.; il tempo teorico di ricambio di tutta l’acqua presente nel bacino è stato misurato in 120 anni anche se, durante il Congresso Internazionale “Residence time in the lakes” sul tempo di ricambio dei laghi tenutosi a Bolsena nel 2002, questo parametro andrebbe elevato a circa 300 anni per una serie di eventi che nel tempo potrebbero incidere sulla salute dell’intero bacino idrico.
Il Lago di Bolsena è classificato come oligo-mesotrofo, per il basso contenuto di sostanze organiche e sali nutritivi disciolti in acqua; acqua che attualmente conserva ancora una discreta trasparenza ed una buona ossigenazione, sia in superficie che in profondità.
L’ecosistema lacustre
Sono almeno tre le zone che formano l’ecosistema lago: la zona litoranea, caratterizzata da acque basse, abbondante vegetazione ripariale ed acquatica con ricca presenza di specie animali; la zona delle acque interne, che si estende fino alla profondità a cui arriva la luce e dove vivono numerosi organismi planctonici; la zona profonda, al di sotto del livello a cui arriva la luce, caratterizzata dalla presenza di poche forme di vita, tra le quali funghi e batteri.
Nel gergo dei pescatori locali le tre zone corrispondono grossomodo a tre profondità dell’acqua, misurate con strumenti non convenzionali: cejo (acqua di bassa profondità), stracejo (acqua di media profondità), cupo (acqua molto profonda).
Cannaiola |
Un modo per
spiegare semplicemente un sistema complesso, è quello di raccontarlo: la prima regola, essenziale per chi non ha
mai frequentato il lago di Bolsena, fa ricorso all’immaginazione dato che, per
cogliere i vari aspetti di questo mondo lacustre, la seconda regola prevede che
sia necessario camminare lungo le rive e tra i canneti, immergere i piedi in
acqua e procedere per qualche metro, poi scivolare sotto la superficie e
spingersi sempre più in profondità fino a non vedere più niente.
Airone cinerino |
Il primo
ambiente, la zona litoranea dove si innesca la catena alimentare, è quello
classico composto da Canne palustri e canne comuni, tifeti e scirpeti. Lì in
mezzo ai canneti, tra la sabbia e l’acqua, si potrebbe vedere e sentire il Bufo bufo, un bell’esemplare di
rospo, che gracida a tutto volume
insieme alla Rana verde; oppure si
potrebbero avvistare insoliti intrecci di rametti dove il
Cannareccione e la Cannaiola fanno il nido o covano le uova, mentre le
Folaghe si cibano delle alghe semisommerse e Gallinelle d’acqua fluttuano sull’acqua.
Sempre sulla spiaggia un timido Airone cinerino scruta l’orizzonte e vola via, al contrario del Tarabusino che invece è intento a costruirsi il nido. Ma è nel silenzio e nella quiete che si avverte uno strano movimento: è una Natrix natrix, una biscia d’acqua che, avvistata una possibile preda, si sposta da un canneto ad un altro con movimenti veloci e sinuosi nuotando a pelo dell’acqua, quasi senza toccarla.
In queste
acque basse depongono le uova numerose specie ittiche, che così entrano a far
parte dell’ecosistema acquatico formato da prede e predatori. Non di rado si
intravedono il Cavedano, il vorace Persico sole, il Ghiozzetto di laguna, la
particolare Gambusia che si nutre di larve di zanzara, il Persico reale
Il Poligono
anfibio e il Ranuncolo a foglie
capillari solleticano ancora i piedi che poggiano sul fondo; ma basta un passo
in più per accorgersi che l’acqua sta diventando più alta e che le specie
vegetali cominciano ad avere le radici. Ormai, immersi tra 2 e i 5 metri di profondità, su fondali che cominciano a diversificarsi per
composizione si trovano altri tipi di
alghe: la Brasca arrotondata, il Ceratofillo comune e la Vallisneria, le
Ranocchine che crescono in acque limpide, su fondali sabbiosi-argillosi. Sotto
la superficie e tra questo tipo di vegetazione , la vita pullula di specie
ittiche.
Più o meno da
queste parti, si potrebbe scorgere una di quelle grandi Carpe che fanno la
felicità dei pescatori sportivi e con un
po’ di fortuna si potrebbe anche vedere un bel Luccio che, appostato tra le
alghe, aspetta la sua preda per cibarsi. Nella zona
successiva, sotto la superficie iniziano le vaste praterie di Characee, alghe
che da sole occupano circa l’80% del fondale. Crescono fino a 15 metri di
profondità, cioè fino a dove la luce
solare riesce a penetrare. Fuori dall’acqua, invece, un incontro con il
Gabbiano comune o le Anatre tuffatrici è sempre possibile.
Poi, piano
piano, l’acqua diventa più fredda e il buio inizia. Ma la catena alimentare che
si è innescata tra i canneti sulla riva del lago, non finisce. La zona buia è
quella dove il plancton costituisce la riserva di cibo di un altro pesce che
qui ha trovato l’habitat ideale per vivere. Introdotto per incrementare la
pesca sul finire del 1800, depone le uova in fondali bassi per poi inoltrarsi
nell’acqua profonda dove si nutre di plancton: il pregiato Coregone (o
Lavarello) è il pesce nella rete del pescatore che sulla barca dalla forma
triangolare sta tornando a riva. Fragilità del sistema
“Un ecosistema si definisce fragile o poco resiliente se ha un basso livello di biodiversità (animale, vegetale, ecc.) perché più debole nei casi di stress ambientali (intossicazione, introduzione di specie diverse più aggressive, ecc.) rispetto ad uno a più elevato livello di biodiversità, più resiliente, il quale è favorito per la sua sopravvivenza e per la quantità di biomassa (vegetale, animale ecc.) che ne costituisce l'habitat.”
Svasso maggiore |
Cormorano |
Il Lago di
Bolsena, le due isole e l’alto corso del fiume Marta sono stati dichiarati Siti di Interesse Comunitario (SIC) dalla
Comunità Europea che li ha presi, è il caso di dirlo, nella rete ecologica Natura 2000 la cui finalità è la
conservazione del patrimonio naturalistico del continente europeo. (Direttiva habitat/uccelli - Rete Natura 2000)
Il grande lago
vulcanico e le sue colline ospitano attualmente 14 specie protette inserite in
4 habitat naturali individuati dalla Direttiva Habitat “relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna
selvatiche”.
Sottoposte a
protezione perché vulnerabili sono piante come il Giunco fiorito e la Ninfea
Gialla; pesci come il Vairone e lo Spinarello sono in diminuzione, se non
addirittura già scomparsi; di grande rilevanza sono uccelli come il Tarabusino
e la Strolaga, mentre raro è ormai lo splendido Martin pescatore; presenti e
osservabili sono il Nibbio bruno e il Falco pecchiaiolo, rapaci diurni che
nidificano sulle colline; i boschi di Leccio dell’Isola Bisentina sono
considerati già dal lontano 1979 “biotipi di rilevante interesse vegetazionale
meritevoli di conservazione in
Italia”(Società Botanica Italiana)
Italia”(Società Botanica Italiana)
Gabbiano reale |
Tarabusino |
Evidenziare i punti critici non è semplice, ma seguendo la storia recente del bacino lacustre, ecco a grandi linee ciò che emerge tra le spennellature colorate del bellissimo quadro:
- presenza di scarichi fognari, sversamenti di fitofarmaci provenienti da zone coltivate;
- prelievi incontrollati per irrigazioni;
- riduzione della vegetazione litonarea, con il conseguente impatto negativo sugli uccelli che nidificano tra i canneti e sui pesci che depositano le uova tra la vegetazione semi-sommersa e sommersa;
- sbarramenti posti lungo i corsi d'acqua e lungo l’emissario che impediscono gli spostamenti della fauna ittica che si riproduce nel lago o in mare;
- introduzione accidentale e/o errata di specie non originarie (pesce gatto, persico sole, persico trota, gambero rosso della Lousiana; tartarughine dalle orecchie rosse della California; oche canadesi, cigni; nutrie);
- pesca sportiva incontrollata (introduzione nella catena alimentare di farine per pasturazioni);
- gestione e conservazione dei corsi d’acqua immissari, spiagge e canneti;
- cambiamenti climatici globali che influenzano negativamente il ciclo riproduttivo dell’avifauna e delle specie ittiche;
- cambiamenti climatici globali che influenzano la circolazione ventosa del lago utile al rimescolamento dell’acqua superficiale e profonda.
Sostenibilità
Certamente lottare contro i cambiamenti climatici globali è uno sforzo macroscopico; ma nel microcosmo di una bacino lacustre con un ecosistema chiuso questa strana parola -sostenibilità- è l'unica soluzione possibile. Risolvere le criticità attuali è il passo essenziale, prima che sia troppo tardi; mentre intervenire in modo adeguato e corretto sull'ambiente significa anche rispettare e valorizzare le attività di pesca, agricoltura e turismo delle popolazioni rivierasche.
Strano ma vero: anche gli esseri umani sono parte integrante di questo ecosistema lacustre, delicato, fragile e tutto da proteggere con scelte mirate alla sostenibilità, alla conservazione ed alla sopravvivenza del delicato ecosistema lacustre.
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