Con i suoi 114 km2 di superficie il Lago di Bolsena è il più
grande lago vulcanico d’Europa ed il quinto, per grandezza, tra i laghi
italiani; un perimetro costiero di circa 43 km; una profondità massima di 151
metri; due isole; alimentato da numerose sorgenti d’acqua; un unico emissario,
il Fiume Marta; un tempo di ricambio totale delle acque pari a circa 300 anni,
lentissimo.
Si dice sempre così quando si tenta di spiegare che cosa è
il Lago di Bolsena, ma non basta.
Il lago di Bolsena è come una creatura vivente: un complesso
e delicato ecosistema composto da varie forme di vita che dal lago dipendono.
In questo sistema si inseriscono anche gli esseri umani con le loro attività
produttive e di sostentamento: l’ agricoltura, la pesca e oggi, prevalentemente,
il turismo che è diventato la prima fonte di reddito per molti dei paesi che
sorgono sulle rive del lago.
Il fragile equilibrio che deriva da un tale sistema di
integrazione tra ambiente naturale ed attività umane può essere gravemente
danneggiato da un intenso e insensato sfruttamento del territorio e delle sue
risorse.
Il Lago di Bolsena è un Sito di Interesse Comunitario (SIC) giudicato “ad elevato valore naturalistico per
la presenza di ittiofauna diversificata ed abbondante e di una ricca avifauna
svernante” che comprende la garzetta, il nibbio bruno, il cormorano, i germani
reali.
Le due isole, Martana e Bisentina, sono Zone di Protezione Speciale (ZPS) considerate “ad elevato valore naturalistico” per la
presenza di foreste di lecci e roverelle dove nidificano nibbio bruno e, caso unico per
l’Italia interna, il gabbiano reale.
I Monti Volsini, così
si chiamano le colline che circondano il lago, sono sia Sito di Interesse
Comunitario (SIC) che Zona di Protezione Speciale (ZPS) per la presenza di
percorsi substeppici di graminacee e piante annue.
In questo ambiente naturalistico e paesaggistico, il
migliore investimento economico ed etico per lo sviluppo dell’offerta turistica
è preservare e valorizzare le ricchezze naturali e renderle fruibili da coloro
che visitano questo territorio.
Nel corso degli anni vari sono stati gli appellativi dati
all’ambiente lacustre.
Qualcuno ricorderà “il lago contadino” per le coltivazioni
che arrivavano a lambire le spiagge, nessuna industria presente, uomo e natura vivevano a passo lento seguendo il
ritmo delle stagioni. Qualcun altro ricorderà “ il lago da bere” per la
limpidezza e purezza delle sue acque, nessun problema di inquinamento chimico,
nessuno scarico fognario grazie alla costruzione dell’impianto di
depurazione.
Sul lago dorato non è tutto oro ciò che “luccica” (brilla).
E’ il pensiero di aver fatto tutto e di avere messo il lago
ed il suo habitat al sicuro anni fa, come se il tempo non passasse, gli
impianti di depurazione non diventassero obsoleti e quindi inadeguati per
sopportare il peso crescente delle attività umane.
Immobili, al sole a guardare uno dei più bei paesaggi
d’Italia e non solo.
Il paesaggio, l’ambiente naturale, il lago, i borghi sono il
patrimonio culturale incommensurabile di ogni persona che vive e lavora in una dimensione
ancora a misura d’uomo.
E’ questo patrimonio collettivo la ricchezza da “sfruttare”
senza modifiche strutturali per gli abitanti e per i turisti; non serve
diventare simili ad altri e paragonare
questi luoghi a rinomate e frequentatissime località di mare, copiando il loro
stile e le loro abitudini. Non c’è bisogno.
Ogni località ha le sue proprie specificità, non ha senso
snaturare l’incanto e il fascino che questo lago esercita sul visitatore, fosse
anche il “turista per caso” che si ferma solo per un giorno, che sale in barca
e si trova in mezzo a tanta acqua blu e vicino a due isole, che visita musei, chiese e siti archeologici e che, passeggiando per i vicoli trova
il sorriso di un abitante del posto che puntualmente gli chiede da dove viene e
finisce per parlargli dell’amico che vive nel paese di provenienza di
quel turista, che per caso si è seduto al tavolo di un bar a sorseggiare
lentamente la sua bevanda dopo aver fatto un bagno nell’acqua tiepida del
lago.
Per ritrovare il “lago contadino e quello da bere” esiste
una sola strategia vincente: a misura d’uomo, a passo lento, nel rispetto
dell’ambiente, nella consapevolezza della propria unicità.
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