Occupa la parte più alta del centro storico, quartiere Castello, in posizione
dominante su Bolsena: ammira il lago, osserva le colline, spazia
sull’orizzonte. Austera quanto basta, semplice costruzione con quattro torri
angolari, pianta trapezoidale, un residuo di ponte levatoio.
Eppure la Rocca Monaldeschi della Cervara dimostra di essere
un edificio dal carattere imponente specie se vista dal basso.
Antefatto
Nel 1157, il papa Adriano IV ordinò la fortificazione dei
borghi che si trovavano sul tracciato della Via Cassia in previsione
dell’arrivo delle truppe di Federico Barbarossa.
Il piccolo centro di Bolsena fu dotato di mura per
consentire la difesa e la protezione
degli abitanti. In quel periodo, vista la piccolezza del borgo medioevale di
Bolsena e nonostante la posizione strategica sulla direttrice di Roma, non c’era bisogno d’altro.
L’arrivo delle truppe imperiali al seguito di Enrico VI nel 1186 non
fu indolore e il villaggio si ritrovò con un sistema difensivo
semidistrutto, di nuovo in balìa di qualsiasi potenziale nemico.
Sulla scacchiera, torri e pedine
Nella vicina Orvieto, nel frattempo, si stavano sfidando due
potenti famiglie per il predominio dei feudi: i Filippeschi, di parte
ghibellina, e i Monaldeschi, di parte guelfa.
Lo scontro fu tale che perfino Dante li prese come esempio
di discordia e di disordine violento che non guardava in faccia nessuno
“Vieni a veder
Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom senza cura:
color già tristi, e costor con sospetti”
(Dante Alighieri - Divina Commedia: Purgatorio, Canto VI)
Questo era il clima, prima che una delle due famiglie
prendesse il sopravvento sull’altra e iniziasse a scalpitare per prendere
possesso di altri territori vicini, conquistando feudi e acquisendo sempre più
potere.
I Monaldeschi guardarono verso il lago di Bolsena e in poco tempo
conquistarono la Val di Lago, annettendo contrade e borghi al proprio feudo. E' con loro e con la costruzione del “torrione”, la
torre maggiore, che è iniziata la complessa vita di questo edificio.
Prospetto della Rocca Monaldeschi della Cervara -A.Sacco 1892 |
La grande torre si appropriò del residuo delle mura
difensive erette nel 1157, della strada a basoli (fortunatamente recuperati) e di
una porta ad arco, senza privarsene del tutto dato che strada e porta furono
comunque ripristinati ricreando all’esterno un nuovo percorso.
Bolsena divenne una sorta di quartier generale della
famiglia orvietana che si arroccò saldamente
al Torrione: in pochi anni furono costruite le altre torri, gli ambienti
interni e, come ulteriore baluardo difensivo, il cortiletto che si protendeva
con gli archi e il ponte levatoio verso il paese.
Poggiando solidamente
su un masso di tufo e posta in posizione dominante, la Rocca di Bolsena
aveva preso la forma di una costruzione da
presidio militare debitamente atta al controllo del feudo dei Monaldeschi
d’Orvieto.
La popolazione locale ebbe sempre una profonda avversione
per la presenza dei potenti sul proprio territorio. A dimostrazione di questo, nel 1328 si svolse una prima
ribellione contro i Monaldeschi che portò alla presa della Rocca da parte dei
Bolsenesi che, nemmeno a farlo apposta, dovettero ben presto cercare nella famiglia orvietana un potente
alleato contro le truppe di
Ludovico il Bavaro. Il nemico comune fu allontanato dalle forze alleate dei
bolsenesi e degli orvietani, che avevano trovato in Ermanno Monaldeschi il
condottiero vero, l’uomo forte, pratico e diplomatico, che non esitò a limitare le libertà degli statuti a favore di un maggiore controllo dei territori
assoggettati.
Alla sua morte avvenuta nel 1337, la famiglia dei
Monaldeschi si divise in quattro rami, tanti quanti erano i suoi figli: apparvero i
Monaldeschi del Cane, della Vipera, dell’Aquila e del Cervo o della Cervara.
Furono questi ultimi a reggere le sorti di Bolsena fino
al 1451 e ad avere nelle loro mani l’austera fortezza sul lago, divenuta
ormai Rocca Monaldeschi della Cervara.Gli alfieri della rinascita
Alla metà del 1400, quasi coincidendo con la morte di
Corrado Monaldeschi della Cervara, nei territori dello Stato Pontificio furono
i cardinali a gestire, per conto del papa, le municipalità e furono i
cardinali-governatori, spesso apparentati con il pontefice, a reggere il
governo di una città o di un borgo.
Bolsena non sfuggì al nuovo sistema di governo e la Rocca
Monaldeschi della Cervara fu inizialmente affidata al Rettore del Patrimonio
messer Vianese degli Albergati, fu considerata già in stato di abbandono da
papa Pio II che visitò le contrade lacustri nel 1461-62, passò nelle mani del
cardinal Sanesio a patto che ne curasse il mantenimento e il restauro, quindi in quelle del cardinale Tiberio Crispo.
Nonostante gli sforzi, l’edificio con caratteristiche da fortezza militare si
dimostrava poco pertinente al cambiamento di gestione che prevedeva palazzi
signorili al posto dei castelli medioevali.
Abbandonata al suo destino di edificio in disuso, divenne negli
anni e nei secoli seguenti ciò che era più opportuno al momento e
all’occorrenza: una prigione, un magazzino, un rudere.
Nel 1855, proprio perché diventata un rudere da restaurare, la Rocca Monaldeschi
della Cervara fu oggetto di uno stravagante progetto che prevedeva la sua
trasformazione in chiesa. Il progetto, votato ed approvato dalla comunità
locale, fu affidato all’architetto Virginio Vespignani ed ebbe il sigillo di
papa Pio IX.
Gli eventi storici del nascente Regno d'Itali ne
impedirono la trasformazione in chiesa dall’aspetto di un castello, provocando
le ire funeste dell’Abate G. Cozza-Luzi che per avere soddisfazione fece approntare
un progetto per erigere un nuovo edificio nelle vicinanze del castello medioevale:
una chiesa di aspetto “tale e quale” alla Rocca.
La chiesa, tuttora esistente, dedicata al Ss.Salvatore, non divenne
mai la copia sognata dall’Abate anche se,
guardandola con attenzione, qualche spunto stilistico si intravede ancora.
Rocca Monaldeschi della Cervara - foto archivio British School of Rome |
La Rocca Monaldeschi della Cervara rimase, invece, tale e
quale ad una vecchia fortezza medievale in rovina, un maniero con muri esterni
ed interni a rischio crollo, torri semidistrutte popolate da rigogliosi ciuffi
d’erba sulla loro sommità.
Ancora una volta furono intrapresi i passi necessari per un
intervento strutturale riguardante un nuovo progetto che prevedeva la realizzazione
alla Rocca del Museo Civico per accogliere i reperti archeologici già
conservati nella sede comunale.
A partire dal 1912 alcuni lavori di restauro furono
finanziati, altri sottoposti al giudizio delle autorità preposte, per altri
interventi di restauro furono richiesti fondi che non arrivavano mai, furono
scritte lettere e fatte proteste anche a mezzo stampa. Il progetto sembrava
destinato a non vedere la luce fino a quando nel 1961 il Genio Civile di
Viterbo impose il suo parere: o si restaurava l’edificio o questo avrebbe ceduto sotto il peso degli anni di
incuria.
Rifiorì così l’idea del Museo, idea che rimase tale fino a
quando un comitato di cittadini intrapendenti, coadiuvati dal Comune, non
prese in mano la situazione ed iniziò il lungo processo di restauro e
consolidamento della Rocca Monaldeschi della Cervara che, solo dal 1991, ha
portato finalmente alla nascita del Museo Territoriale del Lago di Bolsena.
Nonostante non sia stato possibile conservarne la struttura
interna originale, la Rocca ha mantenuto ancora visibili la strada a basoli e
una parte del muro che la costeggiava, e soprattutto ha potuto resistere nella struttura portante, austera e
semplice, a pianta trapezoidale, con quattro torri angolari da cui si gode una
vista mozzafiato su Bolsena, sul lago e sulle colline intorno.
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